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Biografia

Paolo Menici è uno scultore che fonda la sua arte sul dialogo tra materia, natura e memoria. Le sue opere, ispirate a piante, rocce e paesaggi, uniscono forme organiche e geometrie, creando un equilibrio tra il mondo naturale e quello costruito.

Il suo approccio tattile esalta la fisicità dei materiali, trasformando la scultura in un’esperienza sensoriale ed evocativa. Nato a Livorno nel 1953, da giovane si avvicina alla pittura sotto la guida di Voltolino Fontani e entra in contatto con diversi artisti livornesi.

Si laurea all’Accademia di Belle Arti di Carrara sotto la guida di Floriano Bodini, dopodiché si dedica alla scultura frequentando i laboratori del marmo della città.

Dal 2005 lavora in prevalenza la ceramica, con un approccio tattile che rende la scultura un’esperienza sensoriale.

Docente dal 1988, Menici valorizza la concretezza della materia, proponendo un’arte radicata nel dialogo con la natura,  stimolando una riflessione critica sul nostro modo di vivere la natura in una realtà  sempre più virtuale. Vive e lavora a Livorno, dove ha il suo laboratorio. 

Dichiarazione d’artista

La mia arte è una ricerca tattile, fatta di gesti e azioni che plasmano forme e spazi ispirati alla natura e alle sue infinite superfici. Nelle mie opere, la tecnica e la libertà creativa si intrecciano senza seguire schemi prestabiliti, dando forma a un processo che è, prima di tutto, un’esperienza sensoriale. Prediligo l’argilla per la sua capacità unica di trasformarsi, di accogliere e restituire le impronte del gesto, rendendo visibile e tangibile il percorso creativo. 

Il mio legame con la natura, radicato fin dall’infanzia, è un punto cardine della mia ispirazione: un universo di superfici, forme e texture che ci parlano attraverso la loro materialità. Il limite tra gli oggetti e le superfici è per me un confine mutevole, un luogo di incontro che definisce il nostro rapporto con lo spazio e il mondo. 

Così nascono le mie creazioni: forme organiche e paesaggi tattili costruiti con calchi tratti da elementi naturali o arricchiti da texture che evocano un universo inaspettato e sorprendente. Ogni opera diventa un invito a esplorare con il tatto, un’esperienza di scoperta che supera il semplice sguardo. 

Le varie textures delle superfici accentuano gli aspetti plastici in relazione al rapporto luce-ombra mentre  l’aggiunta del colore crea effetti cromatici aggiungendo ulteriori elementi al rapporto tra vista e tatto.  Tuttavia, non mi limito a un solo materiale: le mie opere possono intrecciare l’argilla con legno, pietra o vetro, creando dialoghi tra materie diverse. 

I riferimenti alla tattilità nel mio lavoro si collegano a movimenti artistici come l’Informale, lo Spazialismo di Fontana e l’Art Brut di Dubuffet, che hanno ridefinito il nostro modo di percepire lo spazio attraverso il tatto. La dimensione tattile, inoltre, ha avuto un ruolo centrale nel mio passato di insegnante, dove ho sviluppato progetti dedicati alla comunicazione con i non vedenti, sottolineando come il tatto possa essere uno strumento essenziale per leggere e comprendere l’arte contemporanea. 

 Il mio lavoro è una ricerca sullo spazio, percepito attraverso il tatto e la memoria, in un costante dialogo tra forma e ricordo.